Articles by: Gaetano Ferrara

Aeroplani su San Lorenzo Maggiore

Aeroplano
Durante la seconda guerra mondiale squadriglie di aerei sorvolavano il Sannio e San Lorenzo Maggiore per raggiungere le destinazioni delle loro incursioni. Volavano in formazione di 9 aerei disposti a forma di rombo

Probabilmente erano bombardieri che andavano a colpire i loro obiettivi. Tuttavia in quei mesi del ’43 si vedevano sfrecciare in cielo anche aerei da caccia. Era frequente sentire i colpi di mitragliatrice che aeroplani nemici si scambiavano sorvolando la Valle Telesina.

Da San Lorenzo Maggiore si poté assistere alle terrificanti incursioni alleate contro Benevento. Si vedeva da lontano il fumo salire dalla città bombardata e, nel cielo sopra Benevento, le piccole nuvole di fumo provocate dallo scoppio dei proiettili dei cannoncini antiaerei che tentavano, come potevano, di ostacolare le missioni degli aerei inglesi ed americani.

Ju 87 Stuka
(L’immagine è tratta da Wikipedia – rilasciata sotto GNU Free Documentation License)

Quando veniva bombardata Napoli di notte, si vedevano i bagliori delle esplosioni dietro il massiccio del Taburno, alle spalle di Solopaca. Sempre alle spalle di Solopaca, di notte, erano visibili una mezza dozzina di fasci luminosi che scandagliavano il cielo, alla ricerca di aerei nemici in avvicinamento.

In un’occasione attraversarono il cielo aerei che si lasciavano dietro delle strisce di fumo bianco (probabilmente erano i primi aerei a reazione). Tra la popolazione si diffuse il panico perché si pensava che quegli aerei stessero buttando il gas per colpire la popolazione civile.

Accadde che un aereo inglese precipitò sul monte che si trova a nord-ovest di San Lupo, chiamato “la Crucélla”. Un gruppo di persone si avviò lungo le pendici del monte e si diresse verso l’aereo per catturare i nemici. Fu trovato un solo inglese superstite, ferito. Fu consegnato alle autorità militari dell’epoca.

Ringraziamo Romeo Ferrara per averci raccontato ciò che ricorda di quel periodo.

 

R’ Strummele

Strummele
R’ strummele era una trottola in legno che veniva fatta girare tirando con forza un filo avvolto intorno ad essa.

Suoi elementi caratteristici erano la “pappa” cioè la parte superiore, tondeggiante, e la “freccia”, ossia la punta di metallo che si trovava nella parte inferiore, che faceva perno sul terreno e permetteva allo strùmmele di girare.

La pappa e la freccia

Il gioco consisteva nell’attorcigliare uno spago intorno allo strùmmele e lanciarlo di un paio di metri in avanti tirando con forza lo spago. Svolgendosi velocemente, lo spago imprimeva allo strùmmele un movimento rotatorio che consentiva all’oggetto, una volta caduto a terra, di tenere l’equilibrio girando velocemente sulla “freccia”.

Strummele

Erano stati elaborati, tuttavia, strutture di gioco più complesse che permettevano a più persone di confrontarsi nel lancio dello strùmmele. In particolare a Largo di Corte si usava allestire delle vere e proprie arene in cui i ragazzi – ma anche gli adulti – si cimentavano nel gioco. Si tracciava sul terreno un cerchio e si tirava a sorte tra i partecipanti al gioco: chi aveva la sfortuna di essere sorteggiato, doveva porre il proprio strùmmele al centro del cerchio.
Gli altri concorrenti lanciavano a loro volta i loro strùmmele tentando di centrare lo strùmmele al centro del cerchio e di conficcare in esso la “freccia” per spaccarlo.
Vinceva chi riusciva a centrare lo strùmmele-bersaglio posizionato al centro del cerchio.
Alcuni appassionati del gioco, per il timore di venire sorteggiati e di vedersi lo strùmmele spaccato da qualche freccia avversaria, lo corazzavano con una lamina di stagno che veniva posta sulla pappa (anche inchiodata) e che serviva – appunto – per evitare che le frecce degli altri strùmmele potessero conficcarsi.

 

Hàrre hàrre à Nàpele: una filastrocca del passato.

Filastrocca
Pubblichiamo una filastrocca che veniva recitata ritmicamente ai bimbi di una volta. Non ne conosciamo l’origine. Se qualcuno può fornire informazioni su di essa, è pregato di contattarci

Nella nostra arbitraria trascrizione della pronuncia del dialetto laurentino, la “e” si pronuncia solo se accentata (“é” chiusa come nella parola “perché” oppure “è” aperta come nella parola “cioè”) e la “s” seguita da consonante si pronuncia come la coppia di consonanti “sc” nella parola italiana “scena”.

Hàrre hàrre à Nàpele
Hàrre hàrre à Nàpele
iàmme a Cìccu Pàule
é trevèmme ‘na signora
ché facéva càse é òva.
Damménne ‘ne merzìlle
ché le métte à le squannìlle
le squannìlle è rùtte
é chiù ‘ssotta ce stà le pùzze
le pùzze è ‘ncùpe
é chiù ‘ssotta ce stà le lùpe
le lùpe è viécchie
nen se sàpe fa le liétte
la ‘àtta stà ‘n cammìsa
é se schiàtta da la risa.
Harre harre* a Napoli
Harre harre a Napoli
andiamo a Cìccu Pàule
e trovammo una signora
che faceva formaggio e uova.
Dàmmene un pochino
che lo metto sul piccolo sgabello
il piccolo sgabello è rotto
e più sotto c’è il pozzo
il pozzo è profondo
e più sotto c’è il lupo
il lupo è vecchio
e non sa farsi il letto
la gatta sta in camicia
che si schiatta dalle risate.

* “Harre” è un termine usato per incitare il cavallo a camminare, simile ad “hop hop”.

Questa filastrocca si recitava tenendo un bimbo sulle gambe e reggendolo per le manine (come se stesse tenendo in mano un paio di redini) e, con un movimento delle ginocchia, facendolo saltellare sulle proprie gambe a simulare il movimento della sella di un cavallo.
Si terminava la filastrocca facendo il solletico al bimbo, per pochi secondi, portando la mano sul suo pancino mentre lo si reggeva con l’altra mano.

 

Laurentini Caduti in guerra

Corona
Le guerre che l’Italia ha sostenuto nel secolo scorso hanno richiesto un tributo di sangue anche alla nostra comunità

Per non dimenticare i Laurentini che sono morti in tali tragiche circostanze, pubblichiamo l’elenco dei caduti così come riportato nelle lapidi fissate alla torre civica di San Lorenzo Maggiore, in piazza Antinora. Tutte le foto sono state scattate da Lorenzo Ferrara.

 

Torre civica con orologio

CADUTI NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
1915 – 1918

Iannotti Giovanni fu Vincenzo
Sarrapochiello Lorenzo di Nicola
D’Addona Luigi di Giuseppe
Caputo Arturo di Giovanni
De Libero Luigi di Angelo
Fasulo Lorenzo di Pasquale
Conti Pietro di Raffaele
Paolella Giuseppe di Michele
Iannotti Vincenzo di Lorenzo
Fasulo Giuseppe di Libero
Tomasiello Domenico fu Lorenzo
De Luca Antimo fu Antonio
Iannotti Francesco di Vincenzo
Calbrese Giuseppe di Nicola
Procaccino Salvatore di Donano
Di Donato Vincenzo di Giuseppe
De Libero Carmine di Angelo
Sarrapochiello Giulio di Nicola
Pezzillo Giuseppe di Angelo
Iannotti Giuseppe fu Tommaso
De Libero Giuseppe fu Angelantonio
Ciavanni Giuseppe fu Isidoro

CADUTI NELLA GUERRA D’AFRICA
1935-1936

Biondi Giovambattista di Gaetano

CADUTI NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
1940-1945

Barbato Francesco di Lorenzo
Cicchiello Pietro di Pasquale
Conti Giovanni di Antonio
Di Staso Pasquale di Lorenzo
Fanfulla Giovanni di Giuseppe
Fanfulla Mario di Giuseppe
Guerrera Vittorio di Gaetano
Gugliotti Pietro di Salvatore
Iannotti Ettore di Pasquale
Leone Luca di Giovanni
Mei Vincenzo di Giuseppe
Romanelli Antonio di Nicola
Salvatore Mario di Giovanni
Salvatore Donato di Lorenzo

 

Lapidi dei caduti

 

Passaggio di consegne

Dopo un paio d’anni in cui mi sono dedicato alla gestione di questo sito web, passo il testimone a Lorenzo Ferrara che avrà il compito di farlo crescere e traghettarlo, possibilmente, nel Web 2.0

Continuerò a collaborare a questo sito ed invito anche tutti i lettori, con urgenza, a raccogliere i ricordi dei loro cari e ad inviare i loro contributi. Vi è un patrimonio culturale che andrà perso per sempre, fra meno di un decennio: secoli di tradizioni soffocate dalla omologazione culturale, un universo di credenze e di leggende dissolto alla luce accecante e caustica del razionalimo esasperato, residui di sobria moralità contadina inginocchiati e mortificati al cospetto della logica del profitto a tutti i costi.

Dobbiamo conservare almeno la memoria di ciò che siamo stati e di ciò che i nostri antenati furono. Non è sufficiente organizzare una raccolta di oggetti antichi che testimoni la cultura materiale del passato. Dobbiamo riuscire a conservare memoria anche del modo di pensare dei nostri avi, di come essi si rappresentavano il mondo, dei rimedi che utilizzavano per affrontare le difficoltà della vita, delle espressioni verbali e delle filastrocche che facevano da refrain alle loro giornate.

Questo sito mette a disposizione le nuove tecnologie per questo progetto, affinché tutto il materiale sia accessibile da tutti e consultabile in ogni momento.

Un saluto speciale va ai nostri compaesani che vivono all’estero. Ad essi va il mio ringraziamento per la loro frequentazione assidua ed attenta.

Un ringraziamento a tutti quelli che hanno collaborato con questo sito web perché hanno contribuito a farlo crescere.

Infine un caro saluti a tutti i frequentatori abituali perché con la loro presenza hanno dato un significato al nostro lavoro.

Ciao Lorenzo, buon lavoro!
 

Poesia dedicata al nostro Paese

Poesia
Nel municipio di San Lorenzo Maggiore si può leggere una poesia di Francesco Sarrapochiello, emigrato in Canada, membro del direttivo del Club S.Lorenzo Associazione Culturale di Toronto

Pubblichiamo la foto del testo (scattata da Lorenzo Ferrara) affinché la poesia possa essere letta anche dai Laurentini che vivono lontano da San Lorenzo Maggiore.
Ad essi va un nostro affettuoso saluto.

Poesia: Il mio paese dal lontano

 

Libro su Don Sergio Sergi

Copertina del libro su don Sergio Sergi
All’inizio dell’anno è stato pubblicato un libro dal titolo “Mio Figlio Don Sergio” scritto dal padre del sacerdote scomparso, il prof. Vincenzo Sergi.

Don Sergio fu trovato morto il 2 dicembre 1997 sull’autostrada Napoli-Bari, riverso a terra sulla corsia di emergenza assieme alla sua auto, posizionata poco lontano dal suo corpo. Ufficialmente fu dichiarato morto in seguito ad incidente stradale.

Il prof. Vincenzo Sergi nel suo libro avanza l’ipotesi che il figlio – invece – sia stato ammazzato in un altro luogo – presumibilmente della Valle Telesina – e successivamente trasportato su quel tratto di autostrada con un automezzo pesante che avrebbe, poi, scaricato sull’asfalto il corpo del sacerdote e la sua auto, a simulare un incidente stradale. Tale sua convinzione, oltre che da inquietanti incongruenze ed inesattezze che il prof. Vincenzo Sergi dichiara di aver rilevato nella ricostruzione degli eventi, nasce anche dal contesto nel quale don Sergio si muoveva: testimonianza cristiana per l’emancipazione di chi era sotto il giogo di carnefici. Per tale sua opera pastorale don Sergio aveva ricevuto pressanti e continue minacce fino a nutrire fondati timori per la sua vita, proprio in quei giorni, proprio in quelle ore.

Non possiamo schierarci a favore o contro questa tesi perché sono verità che possono emergere solo processualmente.
Vogliamo però ricordare la figura di don Sergio che ha segnato un’epoca, anche se breve, nel nostro paese. La sua presenza fu un fresco zeffiro che cacciò via l’aria stantìa che da decenni vi ristagnava.

Quando fu trasferito dal nostro paese ci furono accese polemiche che infiammarono gli animi dei Laurentini e tanti hanno sofferto per il suo allontanamento.

Preghiamo i visitatori che volessero lasciare un commento, di limitarsi ad un ricordo di don Sergio senza dare adito a provocazioni e senza mostrare di propendere per la tesi dell’omicidio o dell’incidente stradale come causa della sua morte. I commenti che non rispetteranno questi criteri, non verranno pubblicati.

Il libro di Vincenzo Sergi non è stato inserito nella pagina dedicata alla bibliografia essenziale su San Lorenzo Maggiore perché in esso non si parla del nostro paese, tuttavia lo segnaliamo sul sito poiché parla di un sacerdote che ha lasciato una traccia profonda nella nostra comunità ed un caro ricordo in coloro che lo hanno conosciuto.

 

Passaggio di eserciti

Panzer IV
San Lorenzo Maggiore è stato luogo di transito per truppe di diversi eserciti durante la seconda guerra mondiale. Qui di seguito riportiamo ricordi che si riferiscono a quei drammatici frangenti

I Tedeschi
I Tedeschi arrivarono con i carri armati. La colonna sostò lungo via Pezzillo, in largo Sopra Santi e via Palazzese. Per il paese si sentiva lo sferragliare dei cingoli dei carri armati.

Durante la loro breve permanenza (sette o otto giorni), compirono razzie ed eseguirono perquisizioni soprattutto per cercare maiali, sale e patate.

Quando ripartirono, dovettero lasciarsi dietro un carro armato in avaria. Tale carro armato era fermo in via Pezzillo a circa 150 metri sopra la chiesa di San Lorenzo Martire (zona a quei tempi completamente libera da abitazioni).
Quando i tedeschi si allontanarono, la gente affamata si avvicinò al carro armato e qualcuno entrò all’interno del mezzo in cerca di qualcosa da mangiare. I ragazzini invece si avvicinarono al carro soprattutto per prelevare nastri di mitragliatrice.
La coda della colonna tedesca che si stava ritirando, era arrivata all’incrocio tra via Pezzillo, via Elci e la strada vecchia per Guardia Sanframondi, più o meno dove ora sorge lo stabilimento NIFO. Da quell’altura, i Tedeschi cominciarono a sparare con un cannoncino in direzione del carro armato lasciato abbandonato nella curva sottostante, per dissuadere la popolazione civile dall’avvicinarsi, provocando un fuggi-fuggi generale.

Carro armato tedesco Panzer IV
(l’immagine è tratta da WikipediA)

I Tedeschi, prima di ritirarsi, fecero saltare la cabina elettrica all’incrocio tra via Castagna e via Pendino, il ponte di via Pezzillo (a circa 300 metri sopra la chiesa di San Lorenzo Martire), lo stretto ponte che collega la piana di San Lorenzo a Ponte, il ponte di via Santa Maria che si trovava di fronte all’attuale municipio ed il ponte sul torrente Ianara che collega San Lorenzo Maggiore a San Lupo.
Le esplosioni proiettarono pietre e detriti in aria ed essi poi ricadero sui tetti delle case provocando rumori di tegole che si rompevano.

Gli Americani
Gli americani si accamparono alla fine di via Palazzese (“viale dei platani”), in via Palazzo e dove ora c’è il campo sportivo. Tra di loro c’erano molti soldati di colore. Si fermavano nella cantina Iannotti – in via Palazzo – a bere vino. Si potevano trovare riuniti in crocchi ai lati delle strade intenti a friggere patate negli elmetti. Restarono a San Lorenzo Maggiore 9 giorni.
Fissarono il loro quartier generale nell’edificio della Canonica.
Prima di partire, montarono un cannone antiaereo alla fine di via Elci, alle spalle della chiesa di San Bernardino.

I Canadesi
I canadesi si accamparono anch’essi alla fine di via Palazzese – dove prima c’era “la frana” – e lì montarono una cucina da campo che funzionava attraverso la combustione di nafta e si avvertiva distintamente il rumore del bruciatore. Montarono anche una sorta di cinema all’aperto: proiettavano film di Tom Mix. Restarono a San Lorenzo Maggiore quaranta giorni. I ragazzini si recavano alla cucina da campo canadese con piccoli recipienti per farsi dare un po’ di cibo, magari ciò che non veniva consumato durante il rancio. Invece delle uova avevano la “polvere d’uovo”, probabilmente uova disidratate che, con un po’ d’acqua e d’olio, permetteva di fare delle frittate per i soldati le quali venivano anche, in parte, distribuite alla popolazione civile. I canadesi – come gli americani – distribuivano anche gomme da masticare e sigarette, soprattutto durante la proiezione delle pellicole.
Quando andarono via i Canadesi, finì anche la disponibilità di cibo per i laurentini.

I Polacchi
I polacchi si accamparono nella chiesa del SS. Nome di Dio in Largo di Corte.

Gli Inglesi
Gli inglesi si rivelarono meno disponibili ad intrattenere rapporti con la popolazione locale.

Paracadute con scritta NEMBO
I paracadutisti della Nembo e della Folgore
I paracadutisti italiani della divisione Nembo si accamparono nell’ex Casa del Fascio (ex-asilo) in Largo di Corte e nella chiesa di SS. Nome di Dio. In seguito alla profanazione, il vescovo mons. Salvatore del Bene dovette nuovamente consacrare tale luogo di culto.
Qui a lato è ritratta l’immagine di un paracadute – tutt’ora ancora visibile – inciso sull’intonaco di un muro, alle spalle della cabina elettrica di via Pendino (foto di Lorenzo Ferrara). Il disegno fu realizzato da uno sconosciuto soldato della divisione di paracadutisti della Nembo quando questa si trovò a sostare nel nostro paese. In fondo al disegno, infatti, si possono ancora leggere alcune lettere della scritta NEMBO.
Insieme a loro arrivarono anche dei paracadutisti della divisione Folgore.

Numerosi soldati di tali divisioni e altri soldati italiani di passaggio per San Lorenzo Maggiore, vi si accasarono maritandosi con ragazze laurentine.

Ringraziamo Romeo Ferrara per aver riportato alla memoria i ricordi della sua infanzia.

 

Doni dei Laurentini all’estero

Cornice di legno e confessionale
Molti Laurentini e discendenti di Laurentini che vivono all’estero, hanno dato vita ad associazioni con l’obiettivo di creare occasioni d’incontro per custodire e perpetuare il ricordo e le tradizioni della loro terra d’origine

Queste associazioni sono molto attive e si fanno promotrici di iniziative di vario genere. Tra l’altro, in diverse occasioni hanno organizzato collette e raccolte di fondi per donare alla Comunità di San Lorenzo Maggiore oggetti che assurgono a simbolo tangibile del forte, fortissimo legame che le unisce alla loro Terra d’origine.
Chi vive lontano da San Lorenzo Maggiore, probabilmente, si sente più Laurentino di chi a San Lorenzo Maggiore risiede. La loro fantasia si nutre del ricordo dell’infanzia felice trascorsa nel paese natìo e serbano l’intimo desiderio di ritornarvi.

Qui di seguito pubblichiamo le foto di alcuni doni che due comunità di Laurentini all’estero hanno destinato alla chiesa di San Lorenzo Martire. Non siamo a conoscenza di altri omaggi di Laurentini all’estero ma invitiamo i visitatori del sito a segnalarceli così potremo inserirli in questa pagina.

Ringraziamo Francesco Sarrapochiello del Direttivo del Club S.Lorenzo di Toronto per le sue sollecitazioni e ci scusiamo per l’imperdonabile ritardo col quale pubblichiamo la presente pagina.

Confessionali
donati della Comunità Laurentina di Sidney (Australia)
Confessionale
Confessionale

 

Cornici di legno ai lati dell’altare
donate dal Club S.Lorenzo Associazione Culturale di Toronto (Canada)
Cornice in legno della nicchia di Sant'Amando
Cornice in legno della nicchia di Sant'Agnese

 

Per conoscere l’esatta ubicazione degli oggetti ritratti, visitate la pagina dedicata alla chiesa di San Lorenzo Martire.

 

Statua di Padre Pio

San Pio da Pietrelcina
Pubblichiamo la foto della statua di San Pio da Pietrelcina che fu posizionata una decina di anni or sono nella piazza antistante l’edificio scolastico, lungo via Roma, a San Lorenzo Maggiore

Lo spazio antistante la statua viene utilizzato dai bambini per giocare e dagli anziani per sedere in tranquillità magari recitando qualche prece.

In fondo alla pagina, invece, pubblicamo una foto della gigantesca statua di Padre Pio che fu posta in mezzo alla Rotonda dei Pentri, che si incontra uscendo allo svincolo di Benevento Ovest, da dove ci si può inoltrare sulla strada che porta a Pietrelcina. Sembra un monumento dedicato a qualche eroe dei cartoni animati giapponesi in voga agli inizi degli anni ’80.

Lascio giudicare ai visitatori quale statua rappresenti meglio la semplicità che contraddistinse la personalità del Santo di Pietrelcina.

Statua di San Pio da Pietrelcina
Padre Pio, al secolo Francesco Forgione
Statua di Padre Pio alla Rotonda dei Pentri a Benevento