
La Quaresima è il periodo di penitenza che precede la Pasqua. Rappresenta la purificazione, l’espiazione dei peccati prima del risveglio, prima della Resurrezione
A San Lorenzo Maggiore questo periodo del calendario liturgico era rappresentato, metaforicamente, da una bambola di pezza – chiamata appunto “Quaresima” – sospesa in aria, legata ad un filo teso da una parte all’altra delle strade.
Ogni quartiere aveva la sua Quaresima ed a volte se ne trovavano più di una lungo la stessa strada. Veniva rappresentata come una vecchina, simile alla befana, che teneva in una mano la rocca (conocchia) ed in un’altra il fuso per filare la lana (in ciò, riportando alla memoria le Moire). La Quaresima portava, sotto la gonna, una patata nella quale erano infilate sette piume di gallina.
Veniva esposta alla fine di carnevale e tenuta fuori fino al giorno di Pasqua. Ogni sabato veniva estratta una piuma, riservando l’ultima per il giorno del Sabato Santo. A Pasqua la vecchina veniva tolta dalle strade, a rappresentare la fine del periodo di penitenza.
La Quaresima doveva apparire come una figura sinistra che incombeva, ammonitrice, a sorvegliare l’agire umano, quasi scrutasse biecamente per assicurare il rispetto delle prescrizioni penitenziali.
Probabilmente permetteva di percepire anche visivamente ciò che veniva avvertito sul proprio corpo con l’astinenza, il digiuno, i sacrifici rituali. Non ci è difficile immaginare con quanta impazienza si attendesse che l’ultima piuma venisse tolta per poter finalmente mettere fine alla penitenza. Questo voleva dire poter ricominciare a mangiare carne, per chi ne aveva la possibilità, e comunque potersi lasciar andare a qualche vizio o a qualche peccatuccio, magari di gola. Era un vero e proprio conto alla rovescia della comunità che riecheggiava in tutte le strade, una sequenza fissa e rassicurante la quale scandiva le settimane che mancavano alla fine del periodo di penitenza.
Il pupazzo della “Quaresima” era diffuso in molte zone del Meridione. Spesso veniva chiamato “Quarantana” ed in alcune zone la patata, in cui venivano infilate le piume, era sostituita da un limone.
Ancora oggi sopravvive questa tradizione. Nel 2007 fu appesa una Quaresima molto ben fatta in piazza Dante, a San Lorenzo Maggiore (ad essa si riferisce la foto pubblicata in questa pagina).
A San Lorenzo Maggiore sopravvive un motto scherzoso:
Quarésema cùre pelàta
mìtte le zzìkkure ‘ncòppa a la ràta
tu ce le mìtte a ùne a ùne
e ìe me le màgne a dùie a dùie
Oltre che voler sbeffeggiare la vecchina mettendo in evidenza il fatto che il suo sedere (cùre) è senza peli (pelàta), il motto invita scherzosamente la Quaresima a riporre i fichi secchi (zzìkkure) su un tradizionale cesto poco profondo
e oblungo (ràta) in modo che alla fine del periodo di penitenza, possano essere mangiati con avida voracità. I fichi secchi erano le leccornie dei poveri e rappresentavano forse, ingenuamente, la fine della penitenza.
Ringraziamo Romeo Ferrara per le preziose informazioni che ci ha fornito.
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